Neuerscheinung meines Theodizee-Buches in italienischer Sprache
Hier Titel- und Rückseite der italienischen Ausgabe: GERHARD STREMINGER Blättern Sie in dem Buch bei Google Bücher" Contenuto
Prologo I. Introduzione A. Definizione del problema II. Supposizioni ponte Panoramica III. Tentativi di aggiramento Panoramica IV. Fede e ragione A. Un dialogo Epilogo Riferimenti bibliografici Prologo * Nei paesi con una ricca tradizione teistica nessun altro problema ha agitato lo spirito umano come il seguente dilemma: se esiste un Dio buono, da dove arrivano le malattie, i terremoti e le eruzioni vulcaniche? Se il Creatore del cielo e della terra possiede davvero <tutti gli attributi positivi al massimo grado>, perchè si soffre la fame, perchè avvengono disastri meteorologici ed inondazioni catastrofiche? Se l'universo è governato da LUI, dal Signore della storia, perchè gli uomini devono soffrire le carestie o morire sui campi di battaglia? Lo stupore filosofico, riguardo alla natura del mondo, comincia per lo piu' col comprendere che essa, proprio a causa delle innumerevoli sofferenze, non dovrebbe assolutamente essere com’è. "Il male morale, il male fisico e la morte, sono ciò che caratterizzano ed accrescono lo stupore filosofico. Non semplicemente che il mondo esista, ma ancora di più che il mondo sia così tribolato, è il punctum pruriens [il punto che prude] della metafisica, il problema che getta l'umanità nella inquietudine ... " (1). Arthur Schopenhauer, l'autore di questa riflessione, ha così sillabato la parola <Welt> [mondo] : <Weh> [dolore], <Elend> [miseria], <Leid> [sofferenza], <Tod> [morte]. In questo modo ha riassunto concisamente non solo la sua visione pessimistica delle cose, ma ha anche pronunciato una parola profetica. Infatti, nel secolo in cui è vissuto Schopenhauer, questo acronimo potrebbe anche non essere stato così appropriato come nel nostro, con l'esperienza di due guerre mondiali e con delle minacce, che si addensano come nuvole nere sopra di noi. Se si mettesse di fronte agli occhi di un uomo tutte le sofferenze che potrebbero colpirlo, si avrebbe il quadro dell'orrore totale. "Da dove mai, se non da questo nostro mondo reale, Dante ha tratto la materia per il suo Inferno? Eppure ne fece un inferno in piena regola" (2). Naturalmente al mondo ci sono anche delle cose che potrebbero essere compatibili con l'esistenza di un Dio buono: la bellezza degli eventi naturali, il celeberrimo cielo stellato sopra di noi, l'affascinante mondo degli altri esseri viventi, e le diversissime manifestazioni degli affetti umani. Tuttavia, tutte queste cose positive sembrano spesso rimanere in minoranza, poiché solo poche riescono a destare la felicità. Molto più di frequente è la preoccupazione, ed una sostanziale sensazione di mancanza di significato, ad accompagnare la vita. Sembra proprio che nel progetto divino del mondo non sia previsto che l'uomo sia felice più di tanto. Prima o poi ogni essere vivente muore e diventa cibo per gli altri. Ogni specie animale, se non si adatta prontamente al mutare delle circostanze esterne, è destinata a scomparire, e - a quanto sostengono gli scienziati - ogni forma di vita sarà incenerita dalla tempesta di radiazione solare prima che il sole si spenga. Questo mondo di bisogni, di nascita, di dolore, di invecchiamento, di malattia e di morte, dovrebbe forse essere l'opera di un Essere, che non solo è un padre premuroso, ma anche un giudice giusto? Molti filosofi si sono confrontati con questo interrogativo, e non esiste alcun teologo che non sia stato incalzato da questo problema. Esso, infatti, pone fondamentalmente in discussione ogni tipo di argomento che potrebbe deporre a favore dell'esistenza di Dio (3). Già nella Bibbia, nel libro di Giobbe, questo problema - l'oggetto del presente lavoro - è stato formulato con grande efficacia. "I malvagi spostano i confini, rubano le greggi e le conducono al pascolo. Portano via l'asino degli orfani, prendono in pegno il bue della vedova. Scacciano i poveri dal loro cammino, e tutti i miseri del paese devono andare a nascondersi. Eccoli, come asini selvatici nel deserto escono per il lavoro; vanno in cerca di cibo nella steppa come pane per i figli. Mietono nel campo non loro; racimolano la vigna del malvagio. Nudi passan la notte, senza panni, non hanno da coprirsi contro il freddo. Dagli scrosci dei monti sono bagnati, per mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce. Strappano l’orfano dal seno della madre e prendono in pegno il lattante della poveretta . Ignudi se ne vanno, senza vesti e affamati portano i covoni. Tra le mura dei senzadio frangono le olive, pigiano l'uva e soffrono la sete. Dalla città si alza il gemito dei moribondi e l'anima dei feriti grida aiuto. Ma Dio non si cura affatto di tutto questo" (4). Intere biblioteche sono state scritte per dare una spiegazione al fatto che Dio si disinteressa completamente della sofferenza delle proprie creature. O forse se ne interessa? Le sacre Scritture dei credenti riflettono con grande lucidità quel caratteristico miscuglio di gioia e di dolore, così tipico della vita umana. Ogni sofferenza viene in esse menzionata nella sua intensità, universalità e frastornante complessità. "A ciascun giorno basta la sua pena" (Matteo 6.34). Tuttavia, nella Bibbia e nel Corano, non si trova alcun chiaro accenno ad una definitiva mancanza di speranza e perplessità. Vi si trova piuttosto una forte tendenza verso una <santa felicità>, che trae la propria origine nel convincimento che l'Onnipotente stia dalla parte d’Israele (più tardi, della comunità cristiana, ed ancora più tardi, di quella islamica). Le sacre Scritture sono la proclamazione e la legittimazione di quello che Dio avrebbe fatto. Persino per i momenti più cupi della vita umana si presuppone l'esistenza di un piano divino. In pratica manca completamente il convincimento, tipico della tragedia greca, che esista un'enorme quantità di sofferenza assolutamente senza senso. Ma gli svariati tentativi di teologi e di filosofi di dimostrare la supposta bontà di Dio, hanno poi avuto successo? Nel frattempo molti uomini sono diventati scettici e cercano di raccapezzarsi in un mondo senza Dio. E' proprio l'interrogativo sul silenzio di Dio riguardo alla sofferenza del mondo, ciò con cui comincia, per la maggior parte degli uomini, il distacco dalla fede. I credenti possono pure sforzarsi col massimo impegno possibile per trovare una risposta. Tuttavia, nell'ambito di una contesa razionale, gli scettici, gli atei e gli illuministi, sembrano avere la meglio. Mentre per questi ultimi lo scandalo del male, e la quantità della sofferenza, sono diventati un baluardo della loro mancanza di fede, i teologi, e gli uomini che credono in una religione, si trovano di fronte alla sfida di dare finalmente una risposta soddisfacente alla domanda di come ghetto, razzismo, bombe atomiche, Hiroshima, sfruttamento ed intimidazione, possano essere compatibili con la saggezza di Dio. La sofferenza ingiustificata del mondo costituisce quel buco nel patrimonio spirituale, attraverso il quale si perde, sempre più spesso, la fede in un Dio buono. Come Wolfgang Stegmüller giustamente afferma, ogni forma di "contrattacco contro il teismo ... prende lo spunto dal problema del male" (5). Traduzione: Paolo Malberti Annotazioni: * E' per me un piacevole dovere ringraziare il Dr. Josef Buchegger und Bernd A. Bayerl, per alcuni pregevoli suggerimenti. Per le eventuali imprecisioni sono ovviamente io il solo responsabile. (1) SCHOPENHAUER (WWVb, c. 17, p.201). Gli scritti di Schopenhauer, ed in parte anche quelli di Nietzsche, si contraddistinguono per una puntigliosissima stesura. Pertanto verranno qui citati senza alcuna modifica. (2) SCHOPENHAUER (WWVa, § 59, p. 406) (3) "La storia di questa controversia risale perlomeno fino agli Epicurei ... E' praticamente impossibile trovare alcun teologo, o filosofo cristiano, che non si sia preoccupato di sbarazzarsi di questo inquietante interrogativo " (KOLAKOWSKI 1982, p. 15). (4) Giobbe (24.2-12 m.e.). (5) STEGMUELLER (1989, p. 465). Cfr. HICK: "Il dato di fatto dell'esistenza del male costituisce la maggiore obiezione alla fede cristiana in un Dio pieno d'amore" (1970, p. IX). Tratto dal libro, pag. 367 e seguenti. Per la edizione online il "Dialogo" è stato considerevolmente ampliato. R E Z E N S I O N
Gerhard Streminger. La bontà di Dio e il male del mondo: il problema della teodicea (tit. or.: Gottes Güte und die Übel der Welt. Das Theodizeeproblem, Tübingen: Mohr 1992). Effeelle editori 2006, pp. 498, 25,00 €. ISBN 888946030X
Bene, se siete in grado di smontare questi argomenti, non avete bisogno di comprare il libro di Streminger. Se non siete in grado e nemmeno vi interessa, probabilmente siete solo finiti sul sito sbagliato. Se non siete in grado e vi interessa, questo libro fa per voi. E se siete credenti e pensate di trarre profitto dall'elencazione di questi argomenti, sappiate che c'è chi possiede le risposte che li confutano: quindi compratelo, studiatelo, e cercate di far meglio di papa Ratzinger. Raffaele Carcano Unter der Überschrift "PERCHÉ DIO HA PERMESSO LA TRAGEDIA DI HAITI?" schreibt CORRADO AUGIAS
in La Repubblica, 19 gennaio 2010, pag. 48: Zweite Auflage Il buon Dio non esiste Traduzione ed edizione ridotta a cura di Paolo Malberti im Verlag Aracne Verlagsangaben: Indice In libreria: “Il buon Dio non esiste”, di Gerhard Streminger Il filosofo tedesco Gerhard Streminger, già autore di La bontà di Dio e il male del mondo: il problema della teodicea, torna ad affrontare il tema della giustizia divina nella sua ultima opera tradotta in Italia, Il buon Dio non esiste (Aracne ed., pp. 280, 18 euro). La tesi di Streminger è che, “alla luce della critica, di tutte le teodicee non rimane che un cumulo di macerie”: e di fronte al loro fallimento, abbiamo dunque “fondati motivi per credere che il mondo non sia stato creato da un Dio buono e giusto, e per affermare, di conseguenza, che il buon Dio non esiste”. Kaum erschienen, hat das Buch auf der Verlagsseite eine rege Diskussion und Kommentare ausgelöst. |